giovedì 27 febbraio 2014

Film in sala - Lone Survivor

Gli appassionati di war movie usciranno dalla sala soddisfatti e scuoteranno il capo compiaciuti. Peter Berg appaga tutti i loro desideri, e mostra discreta conoscenza della materia nonché notevole padronanza degli stilemi propri del genere: Lone Survivor è azione, spettacolo, violenza. I palati più raffinati invece, e forse anche meno avvezzi a proiezioni di questo tipo, si alzeranno dalle poltrone perplessi e avvertiranno un retrogusto un po’ amaro in bocca. Perché se è vero che Peter Berg imbastisce un prodotto da multisala di presa sicura sul pubblico, è vero anche che lo stesso pubblico assiste a una trafila di dinamiche prevedibili e immagini già viste, e si impone costante la sensazione che non ci sia davvero niente di nuovo (sul fronte).

Berg trae ispirazione dalla drammatica vicenda nota come Operazione Red Wings, in cui un’intera unità di soldati americani, tra le migliori forze di combattimento dell’esercito statunitense, viene falciata dall’abilità e dalla ferocia dei talebani afghani. L’Afghanistan è terreno impervio, e si offre allo spettatore in una serie di riprese a campo lungo su cui l’occhio si disperde e si smarrisce, alimentando la sensazione di pericolo e di ostilità che la situazione già trasmette di sua natura. Tra le montagne rocciose di Jalalabad si consuma l’eroica impresa del comandante Marcus e dei suoi uomini, che lottano strenuamente per la sopravvivenza sfidando il fuoco nemico e l’asperità del territorio, per poi abbandonarsi a morte certa con fermezza e coraggio. Soltanto Marcus infatti riuscirà a mettersi in salvo e a tornare alla base, prima nascosto e poi protetto da una famiglia afghana invisa ai talebani che si batte per la propria libertà.

La sua impresa, basata su eventi realmente accaduti, è dunque materiale filmico potenzialmente esplosivo, che se ben sviluppato permetterebbe di indagare una recente pagina di storia americana ancora piuttosto scottante, e avvierebbe un’interessante riflessione sul controverso rapporto soldati-popolazione civile. Ma lo sguardo di Berg non è né storico né antropologico, è piuttosto una visione “commerciale” delle potenzialità visive della narrazione. Berg indugia sulla spettacolarità dello scontro a fuoco, calcando la mano sul momento della morte dei soldati (Taylor Kitsch come il Willelm Dafoe di Platoon), consegnando allo spettatore uno show pirotecnico che però manca di anima. Non c’è spessore psicologico, non c’è amor di patria, non c’è sentimento, c’è solo il rosso del sangue e il rumore dei fucili, che galvanizzano gli amanti del genere ma non bastano di certo a catturare una platea più differenziata.

1 commento:

  1. Grazie della recensione! avresti dovuto mettere SPOILER ALERT all'inizio!!!!

    Ciaooo!!!!

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