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Locandina Maniac del Festival di Cannes |
Torino Film Festival, atto secondo. E questa volta non è una
romantica storia d’amore che ha posto fine alla nostra serata. Dopo un giallo
firmato Joseph Losey (nella sala più fredda e vuota del cinema), ad aspettarci c’era
Maniac, l’ultima fatica del regista Franck
Khalfoun, che fu già presentato al Festival di Cannes questo stesso maggio provocando un'ambivalente reazione da parte di pubblico e critica.
Remake dell’omonima pellicola di William Lustig del 1980 (con quello che la brochure del Torino Film Festival definisce “il laido e indimenticato Joe Spinell”), per
Maniac le aspettative erano molto
alte: sarà perché nel cast figura Elijah
Wood, il Frodo dagli occhioni azzurri e il viso d’angelo che veste i panni del
protagonista. O sarà perché la sceneggiatura porta la firma di Alexandre Aja, autore
del celebre Le colline hanno gli occhi e
del meno celebre Riflessi di paura.
Maniac è il dramma psicologico di un uomo disturbato, con un latente complesso edipico e un ossessivo desiderio di uccidere. Le sue vittime sono tutte donne bellissime e indifese, che ammazza barbaramente e di cui si tiene le scalpo, per acconciare con quello inquietanti manichini. Frank vive così, nella periferia degradata di New York, circondato da macabre silhouettes inanimate che tratta come fossero persone vere. Vive così, finché non arriva Anna.
Maniac è il dramma psicologico di un uomo disturbato, con un latente complesso edipico e un ossessivo desiderio di uccidere. Le sue vittime sono tutte donne bellissime e indifese, che ammazza barbaramente e di cui si tiene le scalpo, per acconciare con quello inquietanti manichini. Frank vive così, nella periferia degradata di New York, circondato da macabre silhouettes inanimate che tratta come fossero persone vere. Vive così, finché non arriva Anna.
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Nora Arnezeder (Anna) in una scena del film |
Quello di Khalfoun è un esercizio di stile condotto con discreta maestria e precisione (anche se un paio di volte la camera abbandona la prospettiva senza motivo apparente), che non annoia né stanca il pubblico ma rende più sostenibile la soggettiva calibrando con accortezza i momenti in cui, di quell’assassino, finalmente si scopre il volto. Frank si vede riflesso negli specchi, nei vetri delle auto, nelle fotografie di Anna, e l’immagine impaurita che proietta fa a pugni con l’omicida spietato in cui troppo spesso si trasforma.
Il film non è di facile visione. Se non amate sangue e scene
eccessivamente cruente (e qui sono particolarmente
dettagliate), c’è il rischio che passiate un quarto del tempo con le mani
sugli occhi. Ma è una pellicola che merita comunque di essere vista, se non altro per la pregevole realizzazione formale.
Vi lascio con il trailer. "Enjoy"!
Vi lascio con il trailer. "Enjoy"!